Dura ormai da 1.888 giorni una delle più incredibili anomalie italiane in materia di politica dell’innovazione. Un’anomalia che ha contribuito in modo determinante ad abbandonare il nostro Paese sul fondo di ogni classifica internazionale sulla diffusione di Internet.
Si tratta del cosiddetto «decreto Pisanu» (tecnicamente: decreto legge n. 144 del 27 luglio 2005), dal nome dell’allora ministro degli Interni che, all’indomani degli attentati di Al Qaeda a Londra e Madrid, preoccupato che un terrorista potesse sedersi in un bar, aprire il suo pc e, sfruttando la connessione WiFi che il gestore del bar gli ha messo a disposizione, progettasse un attentato, decise d’imporre a tutti gli esercizi pubblici di richiedere una licenza speciale al questore per l’istallazione di un punto di connessione WiFi, procedendo anche all’identificazione — con esibizione del documento d’identità — di ogni cliente, nonché alla registrazione e conservazione dei dati relativi alle attività di navigazione della clientela.
Appena quattro giorni dopo il decreto venne ratificato dal Parlamento e da allora è legge dello Stato (n. 155 del 31 luglio del 2005). E, sebbene abbia prodotto nel nostro Paese più danni che vantaggi, le disposizioni ottenute al suo articolo 7, originariamente destinate a rimanere efficaci sino al 31 dicembre 2007, sono state prorogate di anno in anno, attraverso una sequenza di tre «Milleproroghe», ovvero il perverso strumento normativo attraverso il quale, prima che l’anno finisca, il governo rinnova tutti i provvedimenti di legge dei quali non ha avuto tempo o voglia di occuparsi.
Nessuno in Parlamento si è mai interrogato circa la reale utilità — in termini di antiterrorismo — di imporre al gestore di un bar di identificare il suo cliente al quale «presta» un po’ di banda. Mai il ministero degli Interni o altri hanno riferito se, come e quando questa legge ha prevenuto un atto terroristico dal 2005 a oggi. In compenso è certo — e provato da diverse ricerche — che la norma (inesistente, ad esempio, negli Usa) ha tarpato le ali allo sviluppo della Rete senza fili in Italia.
Che cosa fare, dunque, per liberarci dal decreto Pisanu? Innanzitutto scongiurare il rischio che con il prossimo Milleproroghe, i cui lavori preparatori stanno per iniziare, il governo non confermi per la quarta volta l’obbligo per i gestori di richiedere una licenza al questore per l’installazione di un hot spot WiFi; e poi, esigere che l’esecutivo — in una sorte di tardivo pentimento operoso — utilizzi lo stesso decreto legge Milleproroghe per abrogare le disposizioni che impongono al gestore di un bar di trasformarsi in sheriff e identificare, con tanto di documento d’identità, i propri avventori.
C’è bisogno di rilanciare la diffusione Internet nel nostro Paese per colmare il ritardo rispetto al resto d’Europa. E questa appare, davvero, una ragione di straordinaria necessità ed urgenza: davvero, quindi, sarebbe giustificato il ricorso al decreto legge.
Si tratta del cosiddetto «decreto Pisanu» (tecnicamente: decreto legge n. 144 del 27 luglio 2005), dal nome dell’allora ministro degli Interni che, all’indomani degli attentati di Al Qaeda a Londra e Madrid, preoccupato che un terrorista potesse sedersi in un bar, aprire il suo pc e, sfruttando la connessione WiFi che il gestore del bar gli ha messo a disposizione, progettasse un attentato, decise d’imporre a tutti gli esercizi pubblici di richiedere una licenza speciale al questore per l’istallazione di un punto di connessione WiFi, procedendo anche all’identificazione — con esibizione del documento d’identità — di ogni cliente, nonché alla registrazione e conservazione dei dati relativi alle attività di navigazione della clientela.
Appena quattro giorni dopo il decreto venne ratificato dal Parlamento e da allora è legge dello Stato (n. 155 del 31 luglio del 2005). E, sebbene abbia prodotto nel nostro Paese più danni che vantaggi, le disposizioni ottenute al suo articolo 7, originariamente destinate a rimanere efficaci sino al 31 dicembre 2007, sono state prorogate di anno in anno, attraverso una sequenza di tre «Milleproroghe», ovvero il perverso strumento normativo attraverso il quale, prima che l’anno finisca, il governo rinnova tutti i provvedimenti di legge dei quali non ha avuto tempo o voglia di occuparsi.
Nessuno in Parlamento si è mai interrogato circa la reale utilità — in termini di antiterrorismo — di imporre al gestore di un bar di identificare il suo cliente al quale «presta» un po’ di banda. Mai il ministero degli Interni o altri hanno riferito se, come e quando questa legge ha prevenuto un atto terroristico dal 2005 a oggi. In compenso è certo — e provato da diverse ricerche — che la norma (inesistente, ad esempio, negli Usa) ha tarpato le ali allo sviluppo della Rete senza fili in Italia.
Che cosa fare, dunque, per liberarci dal decreto Pisanu? Innanzitutto scongiurare il rischio che con il prossimo Milleproroghe, i cui lavori preparatori stanno per iniziare, il governo non confermi per la quarta volta l’obbligo per i gestori di richiedere una licenza al questore per l’installazione di un hot spot WiFi; e poi, esigere che l’esecutivo — in una sorte di tardivo pentimento operoso — utilizzi lo stesso decreto legge Milleproroghe per abrogare le disposizioni che impongono al gestore di un bar di trasformarsi in sheriff e identificare, con tanto di documento d’identità, i propri avventori.
C’è bisogno di rilanciare la diffusione Internet nel nostro Paese per colmare il ritardo rispetto al resto d’Europa. E questa appare, davvero, una ragione di straordinaria necessità ed urgenza: davvero, quindi, sarebbe giustificato il ricorso al decreto legge.
Testo adattato da Guido SCORZA. L’Espresso (8 ottobre 2010), p. 157
tarpare: tagliare
Parte 1: Comprensione del testo
Per ciascuna delle domande seguenti, scegliete la risposta giusta. Attenzione: soltanto UNA risposta è corretta.
1. Il cosiddetto decreto Pisanu
1. Il cosiddetto decreto Pisanu
- ha privato di fili la Rete.
- è contrario alle connessioni senza fili.
- è designato con il cognome del ministro che lo promosse.
- non è, tecnicamente, un decreto.
2. L’Italia
- è senza rete WiFi per un’anomalia che dura ormai più di 5 anni.
- occupa uno degli ultimi posti quanto all’uso di Internet.
- ha deciso di abbandonare le classifiche internazionali sulla diffusione di Internet.
- è all’avanguardia dell’innovazione in materia di collegamento WiFi.
3. Nel 2005,
- il ministro italiano degli Interni era preoccupato per gli attentati di Al Qaeda.
- un islamista radicale aveva usato la Rete per progettare attentati in Italia.
- i proprietari di bar sono stati costretti a offrire ai clienti una connessione Internet.
- vennero proibiti i cybercaffè.
4. Quale pericolo si voleva scongiurare mediante il cosiddetto «decreto Pisanu»?
- Quello dei hacker.
- I pc fatti esplodere a distanza.
- I virus informatici dagli effetti devastanti.
- Quello di un attentato progettato in un cybercaffè.
5. Per poter offrire la WiFi nel proprio bar
- basta chiedere la licenza specifica per la connessione.
- basta tenere un registro degli utenti della WiFi.
- bisogna chiedere ai clienti sospetti di identificarsi.
- occorre identificare i clienti e conservare tutti i dati relativi alla loro navigazione.
6. Il cosiddetto «decreto Pisanu»
- è scaduto, come previsto, il 31 dicembre 2007.
- è stato prorogato ogni anno a partire dal 2006.
- è stato prorogato per la prima volta alla fine del 2007.
- può venire prorogato, tramite un perverso meccanismo, fino a mille volte.
7. «In compenso è certo […] che la norma […] ha tarpato le ali allo sviluppo della Rete senza fili in Italia.» Cosa vuol dire in compenso in questo contesto?
- Per lo meno, la norma ha un elemento positivo.
- Nel contesto, in compenso vuol dire proprio ‘al contrario’.
- Gli attentati evitati compensano dello scarso sviluppo della Rete WiFi in Italia.
- È certo che la norma cerca di compensare le mancanze della Rete senza fili.
8. L’autore dell’articolo
- si augura che nel 2011 il «decreto Pisanu» venga interrotto.
- valuta positivamente gli effetti del decreto sul terrorismo.
- si mostra favorevole al ricorso al «Milleproroghe».
- sostiene che mediante un altro decreto legge i gestori dei bar dovrebbero venire equiparati alla categoria di sheriff.
+EXÁMENES RESUELTOS
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