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La piuma dell'angelo

La piuma dell'angelo
Nell’orfanotrofio di San Germano d’Auxerre erano accuditi tanti trovatelli e tra questi c’era Luc un bambino davvero speciale, perché era molto buono, ma buono davvero. Se aveva qualcosa, si apprestava a dividerlo con gli altri e se poteva aiutare, non se lo faceva chiedere. Era generoso e d’animo semplice. Il piccolo, era stato lasciato sui gradini della struttura che aveva solo pochi mesi e da allora, erano già trascorsi otto anni. Stranamente, non aveva trovato nessuno che lo adottasse, sebbene fosse molto grazioso e educato. Per la sua giovane età, il bambino aveva una saggezza che lasciava tutti sempre a bocca aperta ed era per questo però, lasciato in disparte dagli altri. Troppo diverso dai suoi simili, tanto che trascorreva gran parte del suo tempo da solo. Un giorno nell’approssimarsi del Natale, Suor Josephine ha detto: “Bambini, prendete carta e penna e scrivete la letterina, mettendo che cosa volete ricevere come regalo”. Molti hanno cominciato a elencare giocattoli bellissimi, altri invece hanno chiesto di poter finalmente avere una famiglia. Invece il piccolo Luc nella sua ha scritto: “Fammi diventare un angelo, così posso aiutare tutti questi bambini, ed esaudire i loro desideri”. Le suore leggendola, sono rimaste sconcertate, ma pensando che ciò dipendesse dalla bontà d’animo del piccolo, non hanno dato peso alla cosa. Gli anni sono passati e ad ogni Natale, Luc scriveva sempre la stessa frase.

Non ho paura del mare perché amo la sua forza e il suo mistero

Regata in solitario intorno al mondo

È stata la prima velista-record alla regata in solitario intorno al mondo, senza scalo. Ora Isabelle Autissier racconta le sue sfide.

Io un’eroina? Ma no, sono normalissima: vado a fare la spesa, cucino… Ho soltando avuto una grande fortuna: sapere fin da bambina cosa avrei fatto nella vita ed essere riuscita a realizzare il mio sogno. Non so spiegare dove è nata la mia passione per il mare e la vela. Ricordo soltanto che quando andavo in barca con i miei genitori in Bretagna, mi piacevano i profumi, i colori, non avere terra intorno, il contatto diretto con la natura e il profondo senso di libertà. Così a 31 anni ho costruito la prima barca a vela per vivere navigando. Ma non potevo certo immaginare che avrei vissuto quello che mi è successo: il giro del mondo in solitario, le regate vinte, i naufragi, la morte a un passo. Ho deciso di regatare soltanto dopo la vittoria alla Minitransat (1987). Mi è piaciuto. E nel 1991, sono stata la prima donna velista a portare a termine un giro al mondo in 139 giorni e 4 ore nel corso della Boc Challenge, la regata intorno al mondo senza scalo.
Certo quando si è in gara le emozioni sono diverse da quando vai per mare per diletto. In competizione devi reggere la sfida con il tempo e con te stessa. E tenere testa agli altri. Tutto è finalizzato alla vittoria: la concentrazione è massima, studi la tattica ogni istante tenendo d’occhio il vento e il mare. C’è molta tensione ed eccitazione. Oggi non è più il mio “lavoro”, partecipo solo a regate minori. So che la mia vita non è comune, ma per me è normale alzarmi, guardare il mare, controllare la barca, capire il vento, salutare un delfino. Certo, talvolta è pericolosa. Ma io il mare lo conosco e non lo combatto. Rispetto sempre la sua forza e il suo potere. Immenso. Sempre. Questo rende interessante tutta la mia esistenza. Anche quando sono in mezzo all’oceano, e tutto è più difficile.
Qui ho scoperto che so fare più cose di quante immaginassi. Perché? Perché devo. Sto male? Ho il ciclo mestruale? Navigo fino a quando resisto e poi uso tutta la strumentazione elettronica che ho per stare in sicurezza. Ho messo a punto “il mio sonno” con un medico: dormo 20 minuti ogni mezz’ora. La solitudine? È la mia vita. Non mi sento sola, parlo con le onde, la mia barca, le nuvole. Certo via e-mail “parlo” con gli amici. Ma loro che possono fare se io sono giù? È raro comunque che io sveli quello che provo... Le mie emozioni le conosco, non mi spaventano. La più forte? L’angoscia e la calma insieme quando ho disalberato nell’Oceano Indiano durante la Around Alone del 1999. Ho lanciato l’Sos e ho aspettato. Perché si è vivi fino a quando non si è morti. Poi mi ha salvato Giovanni Soldini. E abbiamo brindato!
©Testo adattato da Geo, settembre 2007

La dieta mediterranea è come Venezia

La dieta mediterranea - patrimonio dell'umanità dell'Unesco
Come la Laguna di Venezia, i Trulli di Alberobello, il Machu Picchu, Notre-Dame di Parigi, la Statua della Libertà o la Grande Barriera Corallina, anche la dieta mediterranea è entrata a far parte del patrimonio dell’umanità dell’Unesco. La proposta è stata della Spagna e L’Unione Europea l’ha sostenuta in pieno. La decisione ha grande valore per l’Italia, nella cui cucina tradizionale si trovano ingredienti capaci di contrastare l’invecchiamento delle cellule e le malattie cardiovascolari e conseguentemente, di farci conquistare il primato europeo della longevità (con una media di 77,2 anni per gli uomini e 82,8 per le donne) e quello dei cittadini europei meno grassi. L’uomo italiano, con i suoi 168 centimetri, è più basso di due centimetri rispetto alla media europea, ma ha un peso di 68,70 chili, di molto inferiore allo standard comunitario (72,2).
Il 36% dei nostri ragazzi intorno ai 13 anni sono però obesi o in sovrappeso, contro il 20% di quelli europei: di qui l’importanza di riscoprire il sano modello alimentare mediterraneo.
È poi recente la notizia che alcuni scienziati di New York hanno scoperto un altro beneficio della dieta mediterranea che, in base ai loro studi, combatterebbe anche il morbo di Alzheimer.
Frutta, verdura, legumi, cereali, acidi grassi insaturi (olio d’oliva) e pesce riducono il rischio di ammalarsi e, una volta contratta la malattia, ne rallentano l’evoluzione.
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